Il sud è niente:esordio di Fabio Mollo

Un film in uscita,forse un po in sordina.E' logico pensare che un'opera prima,in Italia,fa sempre fatica a decollare,ma questa vedendola,a primo impatto,non ha nulla da invidiare ad altri nomi.Attraverso questa drammatica e convincente storia si inizia ad intravedere il talento un giovane regista meridionale.
Forse il pensiero è un po' sadico (o troppo cinefilo), ma tutto starà a vedere il secondo lungometraggio che Fabio Mollo, calabrese classe 1980, partorirà dopo l'ottimo esordio con “Il Sud è niente”. Sì perché il film in questione – in arrivo nelle sale italiane il 5 dicembre dopo due apprezzati recenti passaggi al Festival di Toronto e al Festival di Roma – è l'affinamento e l'articolazione in lungometraggio del corto con cui lo stesso Mollo, non più di sei anni fa, si diplomò al Centro Sperimentale di Cinematografia. Un'idea buona che costituisce un riuscito punto di partenza e che parla di ciò che il giovane artista calabrese conosce molto bene: la realtà della sua terra.Con asciuttezza narrativa, infatti, Mollo ci porta a Reggio Calabria, dove la giovane Grazia (Miriam Karlkvist, anche lei reggina, 21enne figlia di padre italiano e madre svedese, ottima esordiente) vive con il padre Cristiano(Vinicio Marchionni), volto noto al grande pubblico per le serie tv di “Romanzo Criminale”), un pescivendolo. Il ristretto nucleo famigliare, che si allarga alla nonna di Grazia (Alessandra Costanzo) e non dà precise notizie della madre, porta in seno una tragica ferita: la scomparsa di Pietro (Giorgio Musumeci), fratello di Grazia. Quando la ragazza aveva solo dodici anni, questo almeno le ha raccontato il padre, Pietro è partito per la Germania, a cercare lavoro. Dopodiché, il ragazzo è morto. Sul quando e sul come, Grazia può solo interrogarsi in modo angoscioso: il silenzio, una vera e propria religione individuale e sociale nel mondo in cui vive, copre ogni domanda. Oggi che Grazia ha diciassette anni, i nodi sembrano venire al pettine: in quella che è una classica parabola di formazione, la ragazza - che col tempo (forse a compensare la perdita dolorosa del fratello) ha assunto fattezze androgine – intende scoprire la verità. Anzi una notte, dopo un litigio col padre, fugge in spiaggia e, tuffatasi in mare, ha una strana forma di contatto subacqueo con la figura del fratello. La figura esce dall'acqua e si allontana, e da quel momento Grazia è convinta che Pietro sia vivo, e debba solo essere ritrovato. Ragazza introversa, isolata dai propri coetanei, abituata a girovagare tra aree dismesse e angoli appartati della zona, Grazia trova un insolito alleato che possa aiutarla in questa ricerca: Carmelo (Andrea Bellisario), un ragazzo figlio di giostrai, che si avvicina a lei, la fa aprire e che, però, dopo la fine della festa patronale del luogo dovrà spostarsi altrove. Ma forse anche Grazia e suo padre dovranno abbandonare Reggio, perché il boss della 'ndrangheta locale ha messo gli occhi sul negozio e sulla casa di famiglia. Le pressioni (effettuate con gesti rituali e boicottaggi sul lavoro, mai a parole) sono continue e inequivocabili, e Cristiano reagisce ad esse con passività, fatalismo e altro silenzio. É infatti il silenzio, il non detto, la cappa che condiziona ogni respiro di ogni protagonista della storia, ed è la ribellione di Grazia a questo silenzio a suggerire uno sbocco finale velatamente ottimista.Con una narrazione minimalista affidata al nitore degli sguardi e delle comunicazioni corporee più che alle (esigue) parole, Fabio Mollo sceglie i canoni del realismo magico, così tipico della letteratura e della poetica del Sud del mondo, per raccontare una storia dove uomini e ambiente sono perfettamente fusi. L'unica forza liberatoria, comunque dolorosa, che può spezzare questo legame, sembra essere la mera fuga. Geograficamente, al Nord. Oppure, dentro sé stessi. Ma anche in quel luogo psichico, è la triste constatazione, non si trova scampo. L'omertà - racconta il film di Mollo - ti entra dentro e, da dentro, ti toglie le parole. E “se di una cosa non ne parli, non esiste”, come recita una delle battute pregnanti del film, scandita dalla nonna della protagonista. Grazia – nome simbolico che fa da riuscito contrasto con la corporeità androgina della protagonista, ma al contempo rispecchia la pulizia dei suoi sentimenti – è il centro di gravità attorno al quale ruota una storia fatta di pochi personaggi (tra questi anche qualcuno non perfettamente necessario, come ad esempio la negoziante Bianca, amante di Cristiano, interpretata da Valentina Lodovini) tutti apparentemente vinti dalle regole dell'habitat. Che a dare volto e interpretazione al personaggio centrale sia la giovane Miriam Karlkvist è la fortuna principale del film.

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