Il Natale dei grandi registi

The Auteurs of Christmas, letteralmente Gli Autori del Natale, è un video prodotto dalla Fourgroundsmediainc, che mostra come sarebbe la mattina di Natale se a girarla fossero i grandi registi contemporanei.
Ogni regista, infatti, ha la sua firma. Una fotografia particolare, un modo specifico di inquadrare e di riprendere; una direzione più o meno rigida. Con o senza musica. E tutti loro, probabilmente, hanno un modo specifico (personale?) di vedere il Natale – sì, avete capito bene: quello con l’albero, le renne e i regali. In questo divertentissimo video (qui sotto), una produzione della Fourgroundsmediainc, vediamo la mattina di Natale come fosse stata girata da Steven SpielbergMartin ScorseseLars Von TrierWes Anderson e altri: anche senza leggere il loro nome in sovrimpressione, che pure c’è, riconoscere il loro tocco è facilissimo. Prendete, per esempio, Kubrick. O Woody Allen: la trovata del cappellino e della parlata insicura e balbettante è semplicemente geniale. A voi, The Auteurs of Christmas


Piovono polpette:ecco la recensione

Poco dopo gli eventi narrati in Piovono Polpette, l'isola dell'inventore Flint Lockwood viene messa in quarantena da un idolo del nostro eroe, il guru della scienza commerciale Chester V. A questo punto Flint, la sua ragazza Sam Sparks, suo padre e gli altri amici si trasferiscono a San Franjose, ignari di una terribile verità: il Replicatore di Cibo Super Mutante Diatonico Dinamico di Flint Lockwood (per comodità "RCSMDDFL"!) è tuttora in attività, e sta rendendo senziente il cibo...
Chi scrive ha amato molto il primo Piovono Polpette di Phil Lord & Chris Miller, attualmente impegnati sull'atteso film dei Lego. Gli aspetti più seducenti per un appassionato d'animazione erano lo stile grafico nettamente diverso dalla media (in stile Carosello nostrano, notammo all'epoca) e l'amore per l'aspetto più volutamente stupido e buffonesco del cartoon. Uno spirito degno di alcuni cortometraggi della Golden Agediretti da Tex Avery, una coreografia che si compiace di caricature deformi, con movimenti, suoni e raptus surreali, gratuiti. Liberatorio.
Ereditando la regia di questo sequel ancora prodotto dalla Sony Pictures Animation, gli ex-storyboard artistCody Cameron e Kris Pearn (già nel team del primo) hanno capito che questo procedere istintivo era un elemento fondante delle avventure di Flint, e hanno quindi pensato di mantenerlo. Idea giusta, ma avrebbero dovuto farlo fino in fondo. Dando un prosieguo alle avventure della gang, gli autori hanno puntato su un allentamento progressivo della demenzialità, in favore di un tono più fiabesco, ma anche più delicato e più buonista.
Non che il primo film fosse privo di un sano sottotesto ottimista, ma ogni tenerezza era sapientemente compensata da un'impagabile stupidaggine, mentre qui la voglia di far evolvere i personaggi zavorra la follia a mano a mano che il film procede, dopo un inizio scoppiettante. E alcune delle trovate che dovrebbero essere più spassose, come la mimica dei cetrioli e della fragola, sembrano più concorrenza agli iconici Minion diPierre Coffin.
Rimane insindacabile invece l'impegno grafico, e lodiamo la fantasia del production designer Justin Thompson e del direttore artistico Dave Bleich: il cibo vivo è impagabile (noi tifiamo per gli ippopatatami), mentre design e animazione ipnotica di Chester V sono raramente ammirati in produzioni mainstream.
In altre parole, ci si diverte sempre e Flint Lockwood rimane simpatico, ma la freschezza sorprendente del primo capitolo non è uscita indenne dalla serializzazione.

Philomena:parla il regista

Mymovies.it lo consiglia con un assolutamente si
Ecco l'intervista al regista del raffinatissimo Philomena.
Conversare con la stampa non è lo sport preferito di Stephen Frears, nonostante di cose ne abbia da dire in quantità. Il suo linguaggio è quello del cinema: è ai suoi film, dalla scrittura sempre più sofisticata, che lascia volentieri la parola. I giornalisti lo imbarazzano, dice, e forse è timido davvero. Con Philomena , sesto film in concorso alla 70. Mostra d'Arte Cinematografica di Venezia, ha parlato con una capacità di persuasione finora senza precedenti, divertendo e commuovendo la platea, si direbbe all'unanimità. Merito di una strana coppia impegnata in una gara affettuosa di bravura: un'attrice brillante ed un comico (Judi Dench e Steve Coogan) chiamati ad interpretare con delicatezza la più terribile delle storie, e cioè la storia vera di una donna irlandese (tra le tante) a cui le suore del convento di Roscrea strapparono da ragazza il figlio ("del peccato") per venderlo ad una coppia di americani. 

Com'è venuto a conoscenza di questa storia?Non conoscevo la storia quando sono stato chiamato a dirigere il film. Però conoscevo le malefatte dei cattolici e il luogo in cui la vicenda si è svolta, in Irlanda. Sono arrivato quando la sceneggiatura era già scritta e gli attori principali già arruolati, ma è stato estremamente interessante poter fare questo film e ne vado molto fiero.

Com'è stato l'incontro con le persone reali che si celano dietro i personaggi del film?Il vero Pete Olsson (ma il nome è fittizio) è stato molto disponibile e ci ha messo a disposizione il girato del bambino vero, i suoi filmini di famiglia. La vera Philomena è una donna realmente straordinaria. Ha visto il film due volte, perché la prima era troppo nervosa e ha chiesto di rivederlo. Ha detto di averlo molto apprezzato e per me questa è la cosa importante. È anche venuta sul set, proprio durante la scena terribile della lavanderia, quando portano via il bambino. Le dicevo: "non dovresti stare qui", ma ha saputo perdonare, per cui per lei è più facile rispetto a chi non è riuscito a superare la rabbia.

Con chi si riconosce maggiormente all'interno del film: con Philomena, con il giornalista, la editor o il figlio perduto?Con il giornalista e il suo ateismo. Lui dice che, a differenza della protagonista, non avrebbe perdonato un torto tanto grave e io stesso non so davvero dire se ce l'avrei fatta o ce la farei mai. Il modo in cui Philomena continua nonostante tutto a difendere le suore per me ha davvero dell'incredibile.

È cattolico?No e non so nulla del cattolicesimo, del suo stato attuale in Gran Bretagna o altrove. Mi pare che questo Papa non sia male, mi piace, ma non ne so molto di più. Sono stato battezzato, salvo poi scoprire di essere ebreo, molto tempo dopo. Non so perché la cosa non mi sia stata detta prima. Probabilmente il mio umorismo ha quella radice lì.

Ancora una donna al centro di un suo film, una donna forte, che non si lascia fermare da nessuno.Sì, è terribile. È la mia croce. Le donne della mia vita sono tutte donne forti e mi tirano matto. Sono circondato da grandi donne e grandi attrici, che spesso ricevono premi importanti e la cosa mi rende molto felice.

Dopo The Queen, le interesserebbe un giorno raccontare della storia di William e Kate, che recentemente hanno occupato ogni spazio dell'informazione inglese?No, non mi sembrano granché interessanti.

Vista la sua performance alle Olimpiadi, crede che la regina sia una persona divertente, con il senso dell'umorismo?
Probabilmente no.

Cosa pensa di Berlusconi?Penso che dovrebbe stare in prigione. Sono soddisfatto, invece, del recente voto negativo che il governo inglese ha espresso nei confronti del possibile bombardamento della Siria. È una buona settimana per la democrazia. Avremmo potuto solo peggiorare le cose. Come ai tempi di Tony Blair, che aveva sicuramente del carisma ma è stato un pessimo primo ministro, la sua politica era una politica sbagliata.

A quale nuovo progetto sta lavorando?Ad un film su Lance Armstrong. La sua vicenda mi affascina perché è una storia moralmente molto complessa.


Fonti:mymovies.it

Spaghetti Story rilancia il cinema italiano

Spaghetti Story rilancia il cinema italiano verso una nuova direzione: è un film puro, innocente, a tratti ingenuo in maniera positiva, e allo stesso tempo maturo. Triste e comico, in un equilibrio riuscito che non scade mai nella commedia volgare, o nel dramma melenso. Ho avuto modo di vedere Spaghetti Story al festival del cinema di Mosca, e nei primi minuti ero incuriosito e compiaciuto dalla freschezza della sceneggiatura, dalla fotografia semplice ma efficace, una regia che rende le scene naturali e non banali o forzate. Si ride, ci si commuove, si riflette su quella che in realtà è anche un pò la nostra storia. Spaghetti Story è il racconto della vita di chiunque, un ritratto lucido dei nostri giorni. Giorni difficili, divertenti, noiosi e assonnati. Complicati e per questo esaltanti. La trama ed i personaggi scorrono sotto gli occhi velocemente, leggeri, ogni parola detta sembra adatta ed efficace, e si fa presto ad affezionarsi alle persone raccontate in questa pellicola. Ci si ritrova a Roma, ma potrebbe essere dovunque. Il tema principale è quello del cambiamento, della ricerca della maturità. Spaghetti Story è un film che proietta sulla tela gli elementi essenziali della vita, spesso andando al di là del contesto storico, e piuttosto concentrato sui meccanismi emotivi dell'essere umano: i sogni nel cassetto, la ricerca della felicità, la paura di perdersi e il desiderio di migliorarsi, l'amicizia, le aspettative deluse, la vergogna e la voglia di ridere nonostante tutto. Consiglio la visione di questo film a chiunque abbia voglia di perdersi per un pò, per poi ritrovarsi. La pellicola è lo sfogo di un'intera generazione stanca di aspettare, e impaziente di lanciare sullo schermo le proprie paure, le sfide personali, e le proprie risate, qui dipinte come strumento essenziale per rendere la vita accettabile, indispensabile, meravigliosa. Qui non c'è traccia di ricette cinematografiche imposte dal meccanismo dei blockbuster, nè la paura di fallire raccontando una storia che non è spettacolare, ma è la storia più vera, perchè è la nostra. E se questa storia fosse stata raccontata in un libro, probabilmente il suo successo sarebbe dovuto alla scrittura sorprendente, al trionfo del suo ingenuo e contagioso ottimismo, e al passaparola, piuttosto che alla propaganda. Spaghetti Story è un film essenziale e terapeutico, realizzato con la passione che soltanto un giovane e promettente regista può dare.
mymovies.it

Fast and Furious 7-modifica sceneggiatura

Universal è sempre alle prese con la questione Fast & Furious 7. La morte di Paul Walker, oltre a sconvolgere tutti, ha inevitabilmente bloccato la produzione del film, che comunque arriverà nelle sale. Una delle possibilità di cui si era parlato, voleva che la pellicola ripartisse da zero,ma restava l’incognita su come James Wan e soci avrebbero trattato le scene girate da Walker prima del tragico incidente. L’attore aveva ancora metà film da girare, con le scene più importanti in sospeso. Alcuni parlavano addirittura di un suo taglio, ma la voce è stata immediatamente smentita. Tanto più che ora The Hollywood Reporter svela come lo sceneggiatore Chris Morgan sia tornato sullo script originale per trovare una soluzione plausibile che non solo spieghi la presenza limitata di Brian O’Conner nel nuovo episodio della saga (il materiale già in possesso della troupe, dunque, non verrà eliminato), ma soprattutto renda il giusto omaggio a Walker.
Se il piano avesse successo, le riprese potrebbero ricominciare già a fine gennaio, anche se è difficile che venga rispettata la data d’uscita dell’11 luglio prevista all’inizio (10 luglio per l’Italia): solo ieri, la Fox ha annunciato che in quel weekend uscirà il suo Il pianeta delle scimmie: Revolution, che da noi arriverà il 31 luglio.

Joseph Gordon-Levitt sarà Sandman

L’adattamento di Sandman, visionaria graphic novel di Neil Gaiman, è uno dei progetti più elettrizzanti dell’universo Warner Bros./DC Comics. E ora le voci che volevano a bordo Jospeh Gordon-Levitt sono state confermate: secondo il sempre ben informato Mike Fleming Jr. di Deadline, infatti, l’attore ha trovato un accordo non da poco con la major, che lo vedrebbe nella triplice veste di produttore (con David Goyer), protagonista e… regista. Prospettiva interessante, che Levitt ha commentato sul suo profilo Twitter: «Signore e signori, è un onore incredibile lavorare con la Warner Bros. David Goyer e Neil Gaiman stesso a SANDMAN».
Con Don Jon, commedia anticonvenzionale che ha rappresentato il suo esordio alla regia, Levitt ha convinto e perché no, anche stupito tutti, tanto che la WB ha deciso di affidargli le chiavi di uno dei capolavori più grandi della DC (perfetto regalo di Natale, tra l’altro), che apre inevitabilmente nuove strade per il nuovo universo cinematografico in via di formazione. A questo punto manca solo uno sceneggiatore (Goyer a quanto pare si limiterà a produrre) e il team creativo sarà al completo.

Bestmovie.it e twitter

Colpi di Fortuna-di nuovo un Cinepanettone riformato

In casa Filmauro, nel 2012 si era deciso di tornare - a dodici anni da Body guards - Guardie del corpo(2000) - a una tipologia di cinepanettone che non riguardasse più italiani imborghesiti in vacanza e, soprattutto, che facesse del tutto a meno della abusatissima tematica del Natale; ricorrendo, oltretutto, non più a una struttura narrativa volta ad intrecciare diverse storie tra loro, ma a proporne soltanto due ed in maniera separata, sfruttate in altrettanti episodi.
A un anno di distanza, Luigi e Aurelio De Laurentiis pongono nuovamente il fido Neri Parenti dietro la macchina da presa per un'operazione sostanzialmente simile a quella del 2012, ma rispetto alla quale presenta differenze così sintetizzate dal regista: "Colpi di fortuna nasce dal desiderio di fare un film ottimista in un periodo di malessere e malumore come quello che stiamo vivendo. Pensare che un colpo di fortuna possa cambiare la propria situazione può far sognare, ma anche riflettere: in fondo, alcune iniziative sociali e politiche potrebbero raggiungere lo stesso scopo in maniera più concreta. Il cambiamento principale del film di quest'anno risiede naturalmente nell'argomento: se in Colpi di fulmine si parlava d'amore, qui il tema è la buona sorte. Anche l'impianto narrativo è stato modificato: siamo passati da due a tre episodi e nel cast abbiamo aggiunto le new entries: Luca & Paolo Francesco Mandelli, che si affiancano a Christian De Sica Lillo & Greg".Quindi, i novantasette minuti di visione aprono con Luca Bizzarri Paolo Kessisoglu impiegati di terra di una compagnia di crociere al porto di Napoli, il secondo dei quali non solo è innamoratissimo della Fatima Trotta cassiera di un bar-tabacchi senza trovare il coraggio di dichiararsi, ma si risveglia anche con i postumi di una sbornia epocale senza ricordare nulla della notte precedente; neppure che fine possa avere fatto la giacca in cui si trova il biglietto del Lotto che, nel frattempo, ha scoperto insieme all'amico essere quello che gli ha fatto vincere sei milioni di euro.
Poi, è il turno dell'immancabile Christian De Sica nei panni di un terribilmente superstizioso imprenditore tessile di successo che, in procinto di concludere un grosso affare che gli permetterebbe di ottenere l'esclusiva di una pregiatissima lana prodotta da capre mongole, ingaggia uno dei rari traduttori dal mongolo, ovvero Francesco Mandelli, in realtà uno dei più grandi porta sfiga della storia.
E si conclude con Lillo, ex ballerino di prima fila di Raffaella Carrà, sposato e con quattro figli di cui due adottivi, che, inaspettatamente, scopre di aver ricevuto un'eredità da un padre che non aveva mai conosciuto e che credeva morto da tempo; senza immaginare, però, che il lascito in denaro sia quasi inesistente e che il "bottino", in compenso, comprenda Greg, fratello folle e pieno di assurde manie del quale non sapeva neanche l'esistenza. È subito chiaro, allora, che il primo segmento, con i due protagonisti impegnati a ricostruire quanto accaduto nel corso della notte brava di Paolo, non si limiti altro che a emulare il plot di Una notte da leoni (2009) di Todd Phillips, tra bare da sco

perchiare, poco raccomandabili individui in vena di botte e, addirittura, incontri con calciatori del Napoli.
Un segmento piuttosto fiacco e al confronto del quale funziona decisamente meglio il secondo, soprattutto grazie agli equivoci in cui De Sica incappa dinanzi alla stramba parlata con la "f" al posto della "s" sfoggiata dal bravo Mandelli, qui al suo terzo cinepanettone Filmauro dopo Natale a Miami(2005) e Natale a New York (2006).
Mentre si gioca in particolar modo di equivoci anche con i mai disprezzabili Lillo e Greg, alle prese con una vicenda che, però, si basa su un'idea in grado di offrire molte meno occasioni per ridere rispetto a quella che li vide coinvolti nel succitato Colpi di fulmine, sebbene, come questa, presentasse l'evidente sapore di un loro tipico sketch rispolverato cinematograficamente.
Di conseguenza, nonostante la professionalità del cast, il risultato globale dell'operazione si rivela essere un agglomerato discontinuo e difficilmente capace di mantenere costante il livello di coinvolgimento comico per la sua intera durata; tanto da conferire in maniera facile l'impressione che i tre racconti che lo costituiscono funzionino meglio se trasmessi separatamente in televisione.

Mamma imperfetta a Natale

Chiara, Marta, Irene e Claudia sono quattro amiche trentenni e quattro mamme imperfette: sempre in lotta contro il tempo, sempre inadeguate nei loro molteplici ruoli. Le festività natalizie si avvicinano e le mamme imperfette si ritrovano davanti alla consueta prospettiva di organizzare cene e cenoni, acquistare regali e decorare appartamenti. Quest'anno invece decidono di fare una piccola rivoluzione e passare il Natale fra amiche, con i rispettivi figli e mariti ma senza tutto il corollario di parenti vicini e lontani che ha funestato le loro festività passate. Peccato che, al momento di decidere in quale casa festeggiare il Natale, le quattro amiche litighino ferocemente, e dunque anche queste festività assumano i consueti contorni della grana da risolvere.
Già il fatto di raccontare la preparazione alle feste come una grana tutta al femminile è una novità, nel cinema italiano. Ma è un tipico punto di vista narrativo "alla Ivan Cotroneo", che di questo tv movie è sceneggiatore e regista, ed è anche l'ideatore e autore della prima serie web e televisiva Una mamma imperfetta. Cotroneo è sempre stato abile nel rovesciare la prospettiva narrativa, attingendo alla realtà per trasformarla in fiction adatta al pubblico del piccolo schermo italiano, allontanandosi dalla consueta agiografia e dal sentimentalismo da Carosello.
Il Natale della mamma imperfetta resta fedele ai suoi personaggi e alle sue dinamiche soprattutto nelle premesse, descrivendoci la corsa contro il tempo di Chiara e le sue amiche con abbondanza di dettagli tragicomici. La misura del lungometraggio però dà l'agio (e l'ingombro) a Cotroneo di inserire alcune delle sue tipiche variazioni di genere, fra cui elementi di musical e tocchi di realismo magico. Il risultato è unmedley riconoscibile per i (e soprattutto le) fan della serie, con una svolta inaspettatamente sdolcinata nel finale che tradisce la verve ironica e dissacrante degli episodi webtelevisivi e smorza la credibilità della narrazione. Ampio spazio è dato nella conclusione anche alle coppie gay, ritratte in modo altrettanto melenso di quelle etero, e con baci ripetuti che potrebbero provocare scandalo in televisione, pur essendo ordinaria amministrazione al cinema. Ma è Natale, e nel panorama delle offerte che si accumulano come melassa appiccicosa sotto l'albero cinematografico, il tv movie di Cotroneo è ancora sufficientemente alternativo.
A sorpresa, la confezione televisiva regge bene il grande schermo, merito della cura con cui il team dietro Una mamma imperfetta ha sempre affrontato la realizzazione della serie: la fotografia di Luca Bigazzi, il montaggio di Ilaria Fraioli, le musiche di Paolo Buonvino conferiscono una qualità "cinematografica" che, trasposta sul grande schermo, non sfigura. Ma la vera forza della serie sono sempre state la recitazione vivace del team guidato da Lucia Mascino, con le punte di diamante Monica Nappo nei panni di Patrizia da Napoli e Biagio Forestieri in quelli di Giacomo, e la scrittura pop di Cotroneo, ricca di quei riferimenti alla contemporaneità che hanno reso celebri le serie televisive americane e che Cotroneo sa applicare con cognizione di causa alla realtà italiana. Peccato che quella scrittura, nel tv movie, diluisca la sua intensità comica, abbandonandosi al sentimentalismo finale. Il contrasto con il carattere satirico degli episodi televisivi è soprattutto evidente nel montato che precede la proiezione del film in sala e che riassume brillantemente la backstory di Una mamma imperfetta: fra guest star e battute fulminanti, quel minifilm è più aderente allo spirito rivoluzionario della serie (per gli standard televisivi italiani) di tutta l'ora e mezza di lungometraggio natalizio.

http://www.mymovies.it/film/2013/ilnataledellamammaimperfetta/

Still Life di Uberto Pasolini-Recensione


Uberto Pasolini torna a occuparsi di una storia ai margini e conquista nuovamente la giuria veneziana, questa volta nella sezione “Orizzonti”, in cui è stato inopinatamente inserito, dove ha vinto il premio per la Migliore Regia. Protagonista è un impiegato comunale addetto alla sepoltura delle persone decedute i cui parenti sono introvabili. L’uomo svolge il suo lavoro con grande dedizione cercando soprattutto di recuperare, nel saluto estremo, quella dignità che magari in vita le persone non sempre hanno avuto. Ecco quindi la ricerca dei parenti, la predisposizione degli elogi funebri, la scelta delle musiche più adatte, per una sorta di riscatto dei meno fortunati che passa attraverso un rito funebre accurato e decoroso. I suoi sforzi non sono però apprezzati dal suo superiore che decide di eliminare i rami secchi dell’amministrazione comunale licenziandolo.
Pasolini sceglie un approccio dove a dominare è la misura. Pone al centro del racconto un antieroe, dimostra di amarlo e cerca in tutti i modi di trasmettere la benevolenza che prova nei suoi confronti anche allo spettatore. Il risultato convince solo in parte. Se si apprezza l’originalità del soggetto e la sensibilità con cui il regista tratteggia personaggi e situazioni, bisogna però constatare che la sceneggiatura finisce per erigere un monumento al suo protagonista, di cui non possiamo che pensare bene perché solo aspetti positivi di lui ci vengono mostrati: sempre gentile, rispettoso, corretto, pacato, nemmeno un’ombra a scalfire un ritratto a senso unico che non riesce mai davvero a uscire dalla teoria e a risultare credibile, privo com’è di mezzetinte. Poi, la progressione funziona, l’apertura del protagonista nei confronti della vita e delle emozioni è all’insegna della sobrietà, ma pare tutto piuttosto costruito.Per tacere della conclusione melodrammatica in cui l’artificio esce allo scoperto mostrando il suo fine strappalacrime. Decisamente troppo forzata e gratuita per indurre a una commozione sincera. Tra l’altro anche piuttosto punitiva e in contraddizione con l’ariosità delle premesse: non appena ti apri alla vita ed esci dai ranghi in cui la paura ti ha confinato, la vita ti frega. Molto in parte il protagonista Eddie Marsan e deliziosa Joanne Froggett, la ragazza della porta accanto che tutti vorrebbero avere. Così come è impeccabile la confezione, dalla colonna sonora, come sempre fiorita, di Rachel Portman, alla fotografia in evoluzione cromatica di Stefano Falivene, desaturata all’inizio e con il progressivo inserimento dei colori a mano a mano che si risvegliano i sensi del protagonista. Ma dietro un’apparenza controllata, leggera e poetica si cela un film fasullo.

Box Office Italia al 15 dicembre 2013

Incassi cinematografici in Italia.
Il nuovissimo Lo Hobbit e la desolazione di Smaug va al primo posto,dietro Bilbo Baggins si piazza Leonardo Pieraccioni con la sua nuova commedia, Un fantastico via vai che ha portato a casa 1,8 milioni di euro, dato più o meno in linea sia con i numeri del suo film precedente, Finalmente la felicità, che a dicembre 2011 nel primo weekend raccolse 1,6 milioni di euro (per un totale di 10,3 milioni), sia con altre commedie italiane uscite nello stesso periodo l’anno scorso (Tutto tutto niente niente di Antonio Albanese incassò 2,3 milioni di euro, mentre Colpi di fulmine fece 1,4 milioni). Al terzo posto resiste Blue Jasmine di Woody Allen (824 mila euro), mentre Hunger Games: La ragazza di fuoco, entrato nella terza settimana di programmazione comincia a perdere un po’ di terreno (599 mila euro, in calo del 64%).
Sotto, la top ten completa dal 12 al 15 dicembre 2013:
  1. Lo Hobbit: la desolazione di Smaug (3,6 milioni di euro; new entry)
  2. Un fantastico via vai (1,8 milioni di euro; new entry)
  3. Blue Jasmine (824 mila euro; 2,3 milioni di euro in due settimane)
  4. Hunger Games: La ragazza di fuoco (599 mila euro; 7,7 milioni di euro in tre settimane)
  5. La mafia uccide solo d’estate (548 mila euro; 2,5 milioni di euro in tre settimane)
  6. Sole a catinelle (334 mila euro; 51,4 milioni di euro in 7 settimane)
  7. Fuga di cervelli (291 mila euro; 4,9 milioni di euro in quattro settimane)
  8. Il segreto di Babbo Natale (277 mila euro; new entry)
  9. Thor: The Dark World (230 mila euro; 8,2 milioni di euro in 4 settimane)
  10. Free Birds – Tacchini in fuga (125 mila euro; 1,1 milioni di euro in 3 settimane)
FonteCinetel e Best Movie

Videomaker per il Cortificio 2013

Selezionate le dieci sceneggiature finaliste, ora è il turno dei videomaker. 
Nella giornata del 15 Dicembre, la JRStudio sceglierà i dieci migliori videomaker che dovranno produrre il teaser delle sceneggiature finaliste de IL CORTIFICIO 2013. In 15 giorni, dovranno realizzare un video di massimo 2 minuti in grado di esprimere, secondo la propria interpretazione, l'atmosfera e il tema della sceneggiatura ricevuta.
I teas dovranno poi essere inviati entro il 30 Dicembre per la valutazione. L’autore del teaser ritenuto qualitativamente e artisticamente il migliore, farà parte della troupe che si occuperà di produrre il cortometraggio vincitore dell’edizione 2013 per realizzarne il backstage
Al momento rimangono solamente 3 posti.

Concorso per giovani registi:Il Protagonista

Per la prima volta le associazioni dell’industria audiovisiva coinvolgono gli spettatori mettendoli al centro di un progetto intitolato “Il protagonista”: una campagna ed un concorso per la creazione di video sul tema della creatività.
Creatività, impegno, storie, cultura, professionalità. Il cinema e l’audiovisivo hanno ancora tanto da raccontare. Specialmente a chi li ama e magari vorrebbe in qualche modo farne parte, esserci dentro. Come i giovani che già realizzano contenuti originali online e sperano che, prima o poi, arrivi l'occasione giusta per emergere.
C'è un filo che li lega ai professionisti, quello della creatività.
Ed è proprio la creatività, come valore da promuovere e da tutelare per il cinema di oggi e di domani, al centro della campagna "Il protagonista" realizzata da ANICA (Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive e Multimediali), MPA (Motion Picture Association) e UNIVIDEO (Unione Italiana Editoria Audiovisiva - Media Digitali e Online) in collaborazione con FAPAV (Federazione per la Tutela dei Contenuti Audiovisivi e Multimediali) e YouTube.
In programma varie iniziative, sotto il coordinamento artistico del giornalista e critico cinematografico Marco Spagnoli, che andranno avanti sino alla prossima primavera con un duplice obiettivo.
Da una parte far arrivare al pubblico attraverso Internet e i social network tutto il "backstage" del cinema: creatività, lavoro, cultura. Di maestri e maestranze.
In pratica, raccontare un settore che molti conoscono solo nei suoi prodotti, nei film che seguono e ai quali si affezionano, spesso sottovalutando tutto lo sforzo che c'è voluto per idearli e realizzarli. Dall'altra coinvolgere più direttamente i giovani di accademie e scuole di cinema, farli sentire più partecipi e addirittura protagonisti, con masterclass ed esperienze di grandi attori, registi, cameraman, sceneggiatori e testimonianze su "creatività e nuovi strumenti" anche da parte degli YouTubers, i creatori di contenuto sulla piattaforma di videosharing più popolare al mondo.
E poi un contest che riguarda tutti i giovani tra i 18 e i 26 anni, non solo gli allievi delle scuole di cinema e i creativi. Per la realizzazione di un minicorto inedito (di massimo 3 minuti) ispirato al tema della campagna: "la creatività, attraverso il mezzo audiovisivo, come valore e come capacità di un soggetto di mettersi al centro di una storia e di cambiare, prendendo in mano la propria vita".
Un video che metta a fuoco l'importanza delle scelte e della capacità creativa con impegno, studio, leggerezza e divertimento.
Il vincitore, scelto da una giuria qualificata composta dai rappresentanti dei promotori e dei partner del progetto nonché da artisti e creativi e presieduta dal Regista Daniele Vicari, avrà l'opportunità di vivere un'occasione unica.
Si aggiudicherà infatti una esperienza formativa di 3 settimane presso lo YouTube Space di Londra, dove avrà modo di essere quotidianamente a contatto con creativi e tecnici professionisti.

Info e dettagli sul sito Internet ufficiale della campagna www.ilprotagonista.eu.

Il sud è niente:esordio di Fabio Mollo

Un film in uscita,forse un po in sordina.E' logico pensare che un'opera prima,in Italia,fa sempre fatica a decollare,ma questa vedendola,a primo impatto,non ha nulla da invidiare ad altri nomi.Attraverso questa drammatica e convincente storia si inizia ad intravedere il talento un giovane regista meridionale.
Forse il pensiero è un po' sadico (o troppo cinefilo), ma tutto starà a vedere il secondo lungometraggio che Fabio Mollo, calabrese classe 1980, partorirà dopo l'ottimo esordio con “Il Sud è niente”. Sì perché il film in questione – in arrivo nelle sale italiane il 5 dicembre dopo due apprezzati recenti passaggi al Festival di Toronto e al Festival di Roma – è l'affinamento e l'articolazione in lungometraggio del corto con cui lo stesso Mollo, non più di sei anni fa, si diplomò al Centro Sperimentale di Cinematografia. Un'idea buona che costituisce un riuscito punto di partenza e che parla di ciò che il giovane artista calabrese conosce molto bene: la realtà della sua terra.Con asciuttezza narrativa, infatti, Mollo ci porta a Reggio Calabria, dove la giovane Grazia (Miriam Karlkvist, anche lei reggina, 21enne figlia di padre italiano e madre svedese, ottima esordiente) vive con il padre Cristiano(Vinicio Marchionni), volto noto al grande pubblico per le serie tv di “Romanzo Criminale”), un pescivendolo. Il ristretto nucleo famigliare, che si allarga alla nonna di Grazia (Alessandra Costanzo) e non dà precise notizie della madre, porta in seno una tragica ferita: la scomparsa di Pietro (Giorgio Musumeci), fratello di Grazia. Quando la ragazza aveva solo dodici anni, questo almeno le ha raccontato il padre, Pietro è partito per la Germania, a cercare lavoro. Dopodiché, il ragazzo è morto. Sul quando e sul come, Grazia può solo interrogarsi in modo angoscioso: il silenzio, una vera e propria religione individuale e sociale nel mondo in cui vive, copre ogni domanda. Oggi che Grazia ha diciassette anni, i nodi sembrano venire al pettine: in quella che è una classica parabola di formazione, la ragazza - che col tempo (forse a compensare la perdita dolorosa del fratello) ha assunto fattezze androgine – intende scoprire la verità. Anzi una notte, dopo un litigio col padre, fugge in spiaggia e, tuffatasi in mare, ha una strana forma di contatto subacqueo con la figura del fratello. La figura esce dall'acqua e si allontana, e da quel momento Grazia è convinta che Pietro sia vivo, e debba solo essere ritrovato. Ragazza introversa, isolata dai propri coetanei, abituata a girovagare tra aree dismesse e angoli appartati della zona, Grazia trova un insolito alleato che possa aiutarla in questa ricerca: Carmelo (Andrea Bellisario), un ragazzo figlio di giostrai, che si avvicina a lei, la fa aprire e che, però, dopo la fine della festa patronale del luogo dovrà spostarsi altrove. Ma forse anche Grazia e suo padre dovranno abbandonare Reggio, perché il boss della 'ndrangheta locale ha messo gli occhi sul negozio e sulla casa di famiglia. Le pressioni (effettuate con gesti rituali e boicottaggi sul lavoro, mai a parole) sono continue e inequivocabili, e Cristiano reagisce ad esse con passività, fatalismo e altro silenzio. É infatti il silenzio, il non detto, la cappa che condiziona ogni respiro di ogni protagonista della storia, ed è la ribellione di Grazia a questo silenzio a suggerire uno sbocco finale velatamente ottimista.Con una narrazione minimalista affidata al nitore degli sguardi e delle comunicazioni corporee più che alle (esigue) parole, Fabio Mollo sceglie i canoni del realismo magico, così tipico della letteratura e della poetica del Sud del mondo, per raccontare una storia dove uomini e ambiente sono perfettamente fusi. L'unica forza liberatoria, comunque dolorosa, che può spezzare questo legame, sembra essere la mera fuga. Geograficamente, al Nord. Oppure, dentro sé stessi. Ma anche in quel luogo psichico, è la triste constatazione, non si trova scampo. L'omertà - racconta il film di Mollo - ti entra dentro e, da dentro, ti toglie le parole. E “se di una cosa non ne parli, non esiste”, come recita una delle battute pregnanti del film, scandita dalla nonna della protagonista. Grazia – nome simbolico che fa da riuscito contrasto con la corporeità androgina della protagonista, ma al contempo rispecchia la pulizia dei suoi sentimenti – è il centro di gravità attorno al quale ruota una storia fatta di pochi personaggi (tra questi anche qualcuno non perfettamente necessario, come ad esempio la negoziante Bianca, amante di Cristiano, interpretata da Valentina Lodovini) tutti apparentemente vinti dalle regole dell'habitat. Che a dare volto e interpretazione al personaggio centrale sia la giovane Miriam Karlkvist è la fortuna principale del film.

Qui e là di Antonio Méndez Esparza

Pedro (Pedro de Los Santos) ritorna a Copa, paesino dello stato messicano di Guerrero, dopo un periodo trascorso a lavorare negli Stati Uniti. Ad accoglierlo la sua famiglia, composta dalla moglie Teresa (Teresa Ramirez Aguirre) e dalle figlie Lorena (Lorena Guadalupe Pantaleon Vasquez) e Heidi (Heidi Laura Solano Espinoza) entrambe di nove anni. Deciso a rimanere accanto a loro, Pedro tornato con una tastiera musicale professionale, ha l’intenzione di formare una band musicale. Debiti e la volontà di mandare a scuola le figlie, lo costringono però a lavorare anche di giorno nei campi di granturco.
L’iniziale felicità di moglie e figlie (Lorena in misura minore), con il trascorrere dei mesi, si trasforma in routine quotidiana e Pedro, arrivato con la sua nuova tastiera ed inizialmente visto come una piccola star, ben presto costretto dalle difficoltà economiche, inizia a lavorare nei campi o come muratore.
Arrancare, sopravvivere, affrontare le difficoltà, è quello che ogni giorno fa questa famiglia, ma il microcosmo rappresentato da essa, non è nient’altro che un esempio e simbolo di tutti coloro che quotidianamente vivono nei paesini messicani, lontani dalle località turistiche e dai ricchi.
Il sogno americano inseguito da Pedro, così come da altri, è l’unico barlume di speranza nella misera vita di questa gente. I giovani come l’adolescente che lavora assieme al protagonista, vogliono andarsene per poter guadagnare e finalmente vivere, illusione che lo stesso Pedro distrugge, insistendo sul fatto che bisogna sempre lavorare “sodo e duramente”. 

Enemy di Denis Villeneuve vince al Courmayeur Noir in Festival

Il Noir in Festival, storica kermesse italiana dedicata al cinema “de paura” ha decretato come suo vincitore Enemy del canadese Denis Villeneuve , autore sempre più sugli scudi grazie all’intenssisimo Prisioners

Composta da  Ludovica Rampoldi (sceneggiatrice), William Brookfield (sceneggiatore Usa), Lucio Pellegrini (regista) eMarc Syrigas (sceneggiatore francese), “la giuria ha deciso di assegnare il Leone Nero per il miglior film a Enemy diretto con talento ed eleganza da Denis Villeneuve e inteerpretato da un perfetto Jake Gyllenhaal. Una pellicola perturbante, di grande tensione, che offre una nuova e originale lettura del doppio“.

Il film già presentato a Toronto è la riconferma di un nuovo talento sempre più presente nei cartelloni dei festival internazionali.
Il premio speciale della giuria è andato, invece, ex aequo a Wakolda di Lucia Puenzo e The Keeper of Lost Causes di Mikkel Norgaard. Mentre quello  per la migliore interpretazione è stato assegnato a Roberto De Francesco, per la sua performance in Neve di Stefano Incerti.
Con la cerimonia di premiazione di stasera e l’anteprima europea di Don Hemingway, passato sempre per Toronto, si chiuderà stasera il festival diretto da Giorgio Gosetti e Marina Fabbri.
Enemy non ha ancora una distibuzione italiana, in attesa che qualche distributore lo compri

Curiosità su Un fantastico via vai di Leonardo Pieraccioni


L’idea di Un fantastico via vai è nata durante i tanti incontri che Leonardo Pieraccioni ha fatto nelle università italiane per parlare del proprio lavoro. Durante quegli incontri nasceva un bel feeling, tanto che a Pieraccioni sarebbe venuto naturale andare a cena a casa di tutti loro per continuare a chiacchierare. Solo che i ragazzi, avvicinandosi per un autografo, gli davano ovviamente del lei.Nel film non può mancare Massimo Ceccherini, vero e proprio attore feticcio di Pieraccioni. In Un fantastico via vai è un investigatore privato alle prese con mille travestimenti. Uno di questi è la finta statua di gesso, come quelle che gli artisti di strada mettono in scena restando immobili per raggranellare un po’ di soldi.Tra gli studenti universitari che dividono la casa con Leonardo Pieraccioni, ci sono Chiara Mastalli e Giuseppe Maggio. Sono già stati studenti sul grande schermo: la Mastalli era una liceale in Notte prima degli esami (anche in Tre metri sopra il cieloNotte prima degli esami oggie ne I liceali 2 in tv). Giuseppe Maggio è stato uno studente delle medie in Amore 14 di Federico Moccia..Quasi in ogni film di Leonardo Pieraccioni c’è un cameo di Alessandro Calosci, il produttore delle sue pellicole. In alcuni degli ultimi film le sue scene erano state tagliate. “In questo film si è fatto furbo: si è messo in una delle scene con Panariello e, non potendo tagliare lui, è rimasto”racconta Pieraccioni. È il barista del chiosco.Infine tra le musiche della colonna sonora (di Gianluca Sibaldi) c’è anche una canzone di Leonardo PieraccioniIl sorriso di mia figlia, dedicata alla figlia Martina: il testo è di Pieraccioni e la musica è di Beppe Dati. Pieraccioni scrive canzoni da anni per puro piacere, ma è la prima volta che un suo pezzo appare in un suo film. L’ha anche fatta ascoltare alla figlia.